Il collaboratore, per svolgere bene il proprio lavoro, per crescere, per realizzare i propri progetti professionali, ha bisogno di informazioni, insegnamenti, strumenti, risorse, feedback, che in gran parte passano dalla volontà, dalla capacità e dai comportamenti agiti dal capo. (Maurizio Castagna)
Conoscere i bisogni dei propri collaboratori è essenziale per dare vita ad un circolo virtuoso in cui l’azienda stessa ne beneficerà in termini sia relazionali sia economici. Creare un clima di appagamento e soddisfazione è fondamentale per formare un team coeso e diretto verso il successo personale e professionale.
Ma il capo conosce veramente i bisogni dei propri collaboratori oppure tratta le persone come dipendenti a servizio di obiettivi mai spiegati e condivisi? Conoscere e approfondire le dinamiche relazionali tra imprenditore e collaboratore è essenziale e lo diventa ancor di più oggi in un mondo in cui le risorse umane “speciali” scarseggiano e la mobilità lavorativa tra le aziende è molto presente. Allora lo sforzo che l’imprenditore deve fare per creare un clima organizzativo positivo e mettersi anche in ascolto del fabbisogno altrui, come potrebbe essere concepito in un’azienda in cui lo scopo importante sono le soddisfazioni personali imprenditoriali ma anche il denaro?
Prendo in prestito tre concetti di Eric Berne che sono perfettamente collocabili ormai da decenni nell’ambito delle organizzazioni: Permesso, Protezione e Potenza, le tre “P”. Con il concetto di permesso si intende quando in azienda, per esempio, il capo potrebbe offrire permessi al collaboratore che si esplicitano come segue: “puoi sbagliare”, “puoi fidarti”, “puoi chiedere aiuto” o “puoi avere successo”. È grazie ai permessi che il collaboratore potrebbe essere in grado di esprimere tutta la sua energia e il suo potenziale.
Il permesso, infatti, è uno strumento comunicativo che aiuta l’individuo ad esprimere le proprie emozioni attraverso espressione, nutrimento e consolidamento. In sostanza, quando si parla di permesso nell’ambiente di lavoro ci si riferirebbe ad un accoglimento e a un rinforzo affettivo. Infatti una volta che il capo ha deciso obiettivi e strategie di base di un progetto, grazie ai permessi, il collaboratore si sente libero di poter organizzare il proprio lavoro in base al proprio stile e secondo le procedure più coerenti alle proprie caratteristiche personali e professionali.
Per liberare l’energia data dal permesso, il collaboratore ha bisogno anche di protezione. Fornire un ambiente protetto in azienda è importante affinché la persona si conceda di avere dei permessi. Questa protezione si ottiene ad esempio attraverso il monitoraggio e la gradualità nelle nuove deleghe, che permetteranno al collaboratore di raggiungere il successo in sicurezza.
Protezione e permesso possono essere trasmessi solo se vi è potenza da parte del capo. Alla base di una comunicazione efficace tra capo e collaboratore vi sarebbe la capacità di attivare tutti gli Stati dell’Io nella relazione con l’altro. Inoltre, la “cura dei permessi” in azienda potrebbe aiutare l’individuo ad esprimere quelle capacità personali che, a causa del proprio copione di vita, fino a quel momento non avrebbe espresso.
Infatti un collaboratore, grazie ai permessi e ai rinforzi offerti dal proprio capo, ha la possibilità di sperimentare nuove situazioni lavorative e personali in cui entra in campo la fiducia in se stessi, la fiducia verso gli altri, l’accettazione di una sconfitta (che viene superata grazie al permesso di sbagliare), la capacità di osare.
Nelle organizzazioni si parla sempre più spesso di “diritto all’errore” ovvero il diritto da parte del collaboratore di sbagliare, cioè di fallire su un compito assegnato. Precisamente la credenza che sta alla base di questa concessione è quella di ritenere che il “diritto all’errore” sia funzionale all’assunzione di responsabilità, all’esperienza, all’iniziativa e al cambiamento.
Dunque un’organizzazione che ricerca collaboratori proattivi, capaci di assumersi le proprie responsabilità, aperti alle nuove sfide, deve anche mettere in conto il diritto di sbagliare del collaboratore. Per esempio nel caso di un permesso che conferisca autonomia al dipendente nell’esecuzione di un compito, il capo monitora l’attività del proprio collaboratore fornendogli la protezione necessaria rispetto al rischio di errore e alle ansie di prestazione. Così facendo gli assicurerebbe una base sicura grazie alla quale impara a camminare, evolversi e a sperimentare nuove opportunità.
In altre parole con la protezione la delega al compito potrebbe terminare con un successo piuttosto che un fallimento. Quindi un capo dovrebbe saper rispondere ai bisogni di libertà, di dipendenza, di inclusività ma allo stesso tempo, con la potenza, dovrebbe saper comunicare la propria visione riguardo l’opportunità, la crescita e la sicurezza delle proprie capacità gestionali che potrebbero condurre i collaboratori nel proprio cammino professionale, fornendo a ciascuno sostegno sicuro di tipo cognitivo-concettuale ed emotivo.
E tu come ti vedi? Desideri dare vita ad un circolo virtuoso in azienda in cui tutte le persone compreso te riescano ad evolversi verso un progetto imprenditoriale di successo mettendo davanti anche i bisogni di ciascuno? Noi possiamo aiutarti ad intravvedere la via del successo.
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